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Un’estate in montagna: la nostra review

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Un libro sul dolore, e sul potere di risanamento dell’amore, dell’amicizia e della comprensione tra simili.

In Un’estate in montagna le descrizioni della natura, insieme ai piccoli piaceri della vita, alle letture di una donna altoborghese e alle sue interazioni con la servitù si intrecciano con il racconto di una vicenda divertente e intrigante che non vi deluderà.

Trama

Luglio 1919. Dopo una lunga camminata, Elizabeth giunge al suo chalet in montagna e, ancora prima di entrare, si accascia sull’erba fuori dalla porta. È stanca, sfinita, devastata dagli orrori della guerra. Come un animale ferito, cerca sollievo nella solitudine e nella bellezza del luogo: le estati, fra le montagne svizzere, sono calde e fresche insieme, le notti immense e quiete, i pendii profumano di miele. Fino a pochi anni prima, però, la casa, ora così silenziosa, era piena di amici. Ma il giorno del suo compleanno, Elizabeth riceve un regalo inatteso: due donne inglesi giungono per caso allo chalet in cerca di un posto dove riprendere fiato dalla passeggiata e dal sole. La padrona di casa le accoglie, prima per un pranzo, poi per un tè, poi per qualche settimana. E una scintilla di speranza si riaccende. All’allegro terzetto, infine, si aggiunge anche zio Rudolph, un pastore anglicano sessantenne che immancabilmente si innamora della più giovane delle due ospiti, quella con il segreto più vergognoso e il passato più scandaloso…

La nostra review

Un libro incantevole, dalle descrizioni minuziose ma mai noiose. Sembra di respirare l’aria pulita di montagna, quella che dà alla testa come lo champagne, seguendo le trasformazioni degli stati d’animo dei protagonisti, che vanno di pari passo con il passare delle stagioni.

Di questo libro abbiamo amato la descrizione della vita d’estate in montagna. La montagna è descritta alla perfezione: l’autrice riesce a trasportare il lettore su quella cima estiva, e a far sentire il vento e il caldo del sole sulla pelle mentre si è sdraiati in un prato a riposarsi dopo una lunga escursione, così come l’inverno che avanza e ricopre tutto di bianco, con i suoi violenti temporali che aggrediscono la baita e spaventano i suoi inquilini.

La vita della scrittrice viene sempre rielaborata nei suoi romanzi ed è sempre presente: riesce a mettere sulla carta, anche se in narrativa, i dolori che l’hanno accompagnata nel corso della sua vita. Forse la scrittura era la sua via per la guarigione.

La Von Armin possiede indubbiamente la peculiare caratteristica di tante scrittrici britanniche: un romanticismo spinto ma non sentimentale, un ardore emotivo che si avvolge ben bene in un cinismo pungente ma affettuoso.

 

Si potrebbe dire che questo è un romanzo sull’amicizia, ma in realtà è molto più di questo. Moltissime sono le riflessioni sulla solitudine, sulla morale della buona educazione imperante che impone di essere sempre gentili e educate, e questo porterà a delle situazioni del tutto ridicole. Scritto sotto forma di diario, sono molte le riflessioni della protagonista, che è uno spirito libero, più avanti rispetto all’epoca e quindi probabilmente controcorrente. Una figura femminile di questo tipo è presente in tutti i romanzi di Elizabeth von Arnim, la quale probabilmente prendeva spunto da sé stessa per queste sue protagoniste, essendo lei per prima uno spirito assolutamente anticonformista.

In questo romanzo si trova una sottile ironia e umorismo di fondo. Seppure questo aspetto sia presente in molti i suoi romanzi, qui si fa ancora più potente e spesso passa prepotentemente in primo piano. È questa una delle caratteristiche più interessanti dei romanzi di questa autrice: questa ironia e umorismo li rendono leggeri anche quando la leggerezza serve a mascherare riflessioni più profonde sul conformismo richiesto dalla società inglese dell’epoca, e fortemente contrastato sia dalla protagonista che dall’autrice.