Tra le propaggini di una catena dolomitica si nascondono passi, forcelle e vallate che si inoltrano tra i lembi di roccia e salgono fino ad incontrare i ghiaioni più alti. Spazi e viste panoramiche da scoprire, anche nella solitudine dei sentieri meno battuti.
Dalla Val di Fassa, in Trentino, percorriamo i tornanti che in salita conducono al passo San Pellegrino, che collega il versante fassano con Falcade, in Veneto. Un iconico valico di montagna immerso nel territorio dolomitico, con le propaggini meridionali della Marmolada da un lato e dall’altro la visuale che spazia verso le Pale di San Martino. La mole del Civetta invece si presenta a dominare la vista a occidente.
Dal passo San Pellegrino si può raggiungere facilmente lungo una strada asfaltata il rifugio Flora Alpina, punto di partenza per inoltrarsi poi nella solitaria Valfredda.
Partiamo a camminare lungo il sentiero, una strada forestale che procede gradualmente in salita e si percorre agevolmente. Notiamo la calma ed il silenzio che caratterizzano la vallata, tra prati verdi e le prime avvisaglie delle pareti dolomitiche che compaiono di fronte a noi. Alle nostre spalle fanno la loro comparsa invece le Pale di San Martino in lontananza, che si stagliano al di sopra del bosco. In modo particolare svetta la muraglia di torri e punte che dalle Cime del Focobon raggiunge Cima Vezzana ed il Cimon della Pala.
Saliamo tranquillamente lungo la strada forestale che lascia poi il posto ad ampi pascoli verdi, che a loro volta vengono sostituiti da dune e collinette verdi, puntellate da chiare roccette. Una zona in cui le marmotte scavano le loro buche e sono facilmente avvistabili in vari punti.
Le nuvole si rincorrono nel cielo senza mai assumere sembianze veramente minacciose. Di fronte a noi, le cime meridionali del gruppo della Marmolada e tutt’intorno le chiare rocce creano uno scenario che denota un innalzamento di quota. Ci troviamo nel tratto di sentiero che precede la sassosa salita finale.
La traccia si restringe fino a snodarsi come una serpentina su roccia dal colore rossastro (da cui deriva il nome della Forca Rossa), andandosi a mescolare con il verde dei prati appena percorsi. I ghiaioni incombono ora sul sentiero, prima di raggiungere la forcella: dalla Forca Rossa la vista si fa largo tra le nuvole, scoprendo le Cime d’Auta, tra le Dolomiti più selvagge. È infatti talvolta possibile incrociare qualche stambecco nei pressi della forcella.
La temperatura nel frattempo è scesa, con le nuvole che si abbassano attorno a noi. Ci apprestiamo a riprendere il percorso dell’andata, ora in discesa, seguendo però quasi subito una deviazione che ci condurrà a compiere un giro ad anello. In questo tratto ci addentriamo tra prati rocciosi, alla base di ghiaioni dolomitici seminascosti tra le nuvole basse. Ghiaioni che vengono poi tagliati trasversalmente dal sentiero, creando dei passaggi talvolta anche esposti.
Utilizziamo i bastoncini da trekking Buxus per affrontare questi tratti di roccette più sdrucciolevoli, dove il sentiero esposto richiede passo fermo e stabilità, sia in salita che in discesa.
Dopo il ghiaione, il sentiero si tuffa in una discesa decisa fino a raggiungere la conca di Fuciade, dove si trova l’omonimo rifugio Fuciade. Ci ritroviamo così nuovamente nelle distese di verde, ma siamo ancora attorniati dalla roccia e dalle lingue terminali dei ghiaioni.
I nostri passi procedono veloci, lo sguardo diretto di fronte a noi sempre verso il profilo delle Pale di San Martino che dominano lo scenario in lontananza. Il tratto finale si rituffa nel bosco fino a rientrare al rifugio Flora Alpina, nella tranquilla atmosfera che pian piano scivola via verso il Passo San Pellegrino. Atmosfera che scivola via da un lembo di valle nascosto, incuneato tra le pieghe di un gruppo roccioso, che nasconde spazi inestimabili e sempre nuovi da scoprire.